lunedì 7 luglio 2014

Azzurrina: interviene il C.I.C.A.P.

Di chiacchiere ne sono state fatte tante, fra trasmissioni regolari e speciali in TV; di carta ne è stata stampata a fiumi, ma c'è qualcosa di vero nella storia di Guendalina? Secondo il C.I.C.A.P. (Comitato Italiana per il Controllo delle Affermazioni sul Paranormale), i miei idoli, non solo non esistono fonti storiche accreditate sugli eventi e le persone coinvolte, ma la stessa leggenda risalirebbe a un periodo relativamente recente.
E allora, per chi volesse leggere la loro opinione, riporto di seguito l'articolo recentemente comparso su Wired e dedicato proprio al'analisi fatta sul campo da quelli del Comitato.

(Articolo Wired di Stefano Della Casa, 4 luglio 2014).
"Non è la Scozia, ma anche l’Italia ha una generosa quota di luoghi infestati. Per la gioia di programmi come Voyager, Mistero e delle loro copie (ma anche di chi deve riempire i buchi nei telegiornali), da Nord a Sud ogni regione può vantare qualche fantasma, anime in pena di cui ancora oggi si avvertirebbe la presenza.
In un paese dove quando si parla di cultura spesso la si intende in termini di petrolio, cioè eredità dei secoli precedenti da sfruttare, che nessuno si azzardi a toccare le nostre care leggende folkloristiche! Ma in qualche caso le leggende cercano di diventare qualcos’altro, e allora la curiosità impone di fare qualche controllo.
È il caso della storia di Azzurrina, una presenza soprannaturale che si aggirerebbe nel Castello di Montebello, comune di Poggio Torriana, in Provincia di Rimini. Si narra che alla fine del 1300 in questo castello vivesse una bambina molto particolare. Guendalina, figlia del feudatario Ugolinuccio o Uguccione e, secondo una versione, di Costanza Malatesta, era albina e si dice che, per proteggerla da sicure accuse di stregoneria, i genitori la tenessero reclusa nel castello, sorvegliata da guardie. La madre aveva anche provato a tingerle di nero i bianchissimi capelli, ma la tintura riusciva solo a conferirle una sfumatura azzurra, da cui il suggestivo soprannome della bimba.

Il 21 giugno del 1375, solstizio d’estate, la bambina stava giocando con la sua palla di pezza sotto gli occhi delle guardie, mentre fuori imperversava un temporale. A un certo punto la palla, forse attirata da una forza oscura, le scivolò via e la bambina le corse dietro, eludendo per pochi secondi la sorveglianza delle guardie. Azzurrina seguì la palla giù per le scale fino alla ghiacciaia del castello, la guardie sentirono un urlo e poi più nulla, la bambina scomparve e non fu mai ritrovata.
Ma ogni cinque anni, durante la notte del solstizio d’estate, nel castello riecheggerebbero suoni inquietanti: è il fantasma di Azzurrina, che non ha mai abbandonato la sua casa.
Un vecchio adagio dice che nelle leggende c’è sempre un fondo di verità, ma non sembra essere questo il caso: nonostante la precisione della data, del luogo, e di alcuni dei nomi dei protagonisti, non esiste assolutamente nessuna fonte storica che rimandi alla scomparsa di una bambina in quel periodo, albina o meno. L’unico presunto documento, citato a profusione, è Mons Belli et Deline del 1620, nel quale la leggenda farebbe la sua comparsa per la prima volta. Il testo sarebbe custodito all’interno del castello ma a parte il chiacchiericcio non sembra esserci alcuna prova della sua effettiva esistenza.
Non si sa quindi bene quando sia nata quella che secondo Wikipedia è una “leggenda popolare popolare medievale, molto conosciuta in Romagna”, quello che è certo è che la sua popolarità nel grande pubblico è relativamente recente. Nel 1989 il Castello venne ristrutturato e assieme alle prime visite cominciò a espandersi la leggenda della sfortunata bambina. Nel 1990 arrivò sul posto mamma RAI ed effettuò la prima, storica registrazione, dove si sentirebbe un agghiacciante pianto. Lustro dopo lustro, le registrazioni diventano sempre più nette e inquietanti: oggi il loro ascolto è parte fondamentale della visita guidata e regalano un genuino brivido ai visitatori.
C’è solo un problema: le registrazioni originali, la maggioranza delle quali effettuate dal Laboratorio di biopsicocibernetica (!) di Bologna, non sono mai state messe a completa disposizione di altri ricercatori. Il chimico Simone Angioni (Cicap Lombardia e co-fondatore di Scientificast) racconta di aver provato a richiederle per poterle analizzare, ma le condizioni che imponeva il laboratorio, tra cui la pretesa che l’analisi dovesse essere congiunta, ha naturalmente fatto desistere lo scettico.
Nel 2010 Angioni  ha però effettuato le sue registrazioni. In La scienza dei mostri (CICAP, 2011) scrive di essersi presentato il 20 giugno di quattro anni fa al Castello assieme ad altri tre acchiappafantasmi: Marco Morocutti (progettista elettronico), Nicolas d’Amore (illusionista) e Giuliana Galati (comunicatrice scientifica laureata in fisica). Nell’attesa del solstizio, la squadra ha avuto il tempo per dare un’occhiata in giro. Tra una visita guidata e l’altra (c’è una versione diurna e una, più suggestiva, notturna) gli investigatori dell’occulto hanno scambiato qualche parola con la curatrice, la quale ha confermato l’assenza di fonti storiche, e riguardo al documento del 1620 ha dichiarato di non averlo mai visto e di averne solamente sentito parlare dal suo predecessore. Nel giorno fatidico il Castello è stato chiuso al pubblico e i ricercatori hanno installato per tempo le apparecchiature nella sala di accesso alla ghiacciaia, uno dei luoghi dove, si dice, la presenza si manifesti con più forza. Quando però, a tarda ora, è arrivato anche il personale del laboratorio di biopsicocibernetica si è capito che, nonostante ci fosse spazio a sufficienza per le attrezzature di entrambi i gruppi, non era gradita la presenza di altri microfoni in quel magico punto, così gli scettici hanno preferito spostare le apparecchiature in un’altra ala del castello. Da qui i sensibilissimi microfoni riuscivano comunque a sentire le chiassose ventole di computer e telecamere piazzate dal laboratorio, al punto che c’è stato bisogno di chiedere agli biopsicocibernetici di cooperare e spegnere le loro attrezzature più rumorose. In un modo o nell’altro a tarda notte anche i veterani avevano finalmente finito di montare tutto: tutti gli esseri umani hanno lasciato il castello, che è stato sigillato, e sono cominciate le registrazioni.
A differenza delle altre registrazioni, quelle di Angioni sono state rese integralmente disponibili con una licenza Creative Commons sul sito luoghinfestati.it. Il dominio è ora scaduto ma il materiale sarà presto ricaricato su Scientificast.
Le 10 ore di noia sono interrotte solamente dai rumori del pavone (albino) mascotte del Castello, dal calpestio dei passanti, da una terrificante finestra che sbatte e da interferenze radio assortite. Nessuna traccia di Azzurrina.

Magari andrà meglio il prossimo anno."

Questo è quanto. A voi le conclusioni.

Roberto Mancini

Nessun commento:

Posta un commento